a cura di Giancarlo Pontiggia
Un chierico, un assassino, una maschera buffonesca, che si agitano in una Parigi prostrata dalla fame e dal freddo, stremata da una guerra interminabile.
Sfuggente come la natura stessa della sua poesia, in cui la parodia burlesca e la dissacrazione della tradizione cortese convivono con lo struggimento esistenziale, l’inquietudine metafisica.
Un universo pullulante di cose, di figure, di immagini, di pensieri che si contraddicono, e che trovano la loro paradossale sintesi proprio nella commistione di aulico e di volgare, di letterarietà e di realismo concreto, stridente, brutale.
Una parola brulicante di morte, di disastro, ma resa con un’energia vitale che tocca gli estremi della preghiera e dello sberleffo.
Di questo poeta leggeremo qualche ballata, tra le più celebri, come quella degli impiccati, o delle dame di un tempo.